Rubrica: “L’esperto Risponde”, le Risposte
Benvenuti alle risposte della rubrica l’Esperto Risponde del dottor Anemone.
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LUGLIO 2020 - Vale sempre la pena indagare sul potenziale cognitivo dei bambini? Come una specie di prevenzione in vista di possibili problemi scolastici vista la poca fiducia nella scuola? Quanto l’APC è genetico e quanto dipende da una educazione ricca fin dalla nascita di stimoli?
Dal mio personale punto di vista, cioè quello di uno specialista in neuropsicologia, conoscere il livello intellettivo di un bambino ha sempre una certa utilità. Tuttavia, una valutazione intellettiva a tappeto su tutti i bambini ha delle implicazioni che, a mio parere, non dovrebbero essere trascurate:
• C’è il rischio di (far) catalogare i bambini semplicemente sulla base della loro resa in un test cognitivo, mentre un individuo è molto più di questo. Il suo adattamento nella vita di tutti i giorni (scolastica, domestica, sociale…) dipende da molti più fattori e non soltanto dall’intelligenza (qualunque cosa significhi questa parola).
• Una valutazione intellettiva ha un costo finanziario (per il singolo cittadino se si rivolge a uno specialista privato, per la collettività se si tratta di uno specialista del servizio pubblico o di un programma finanziato da enti pubblici), di tempo (ogni valutazione porta via diverse ore) e… aggiungerei anche di tipo “emotivo”; in molti casi, infatti, un individuo che si sottoponga a valutazione intellettiva sperimenta vissuti di disagio legati all’ansia da prestazione, alla consapevolezza di essere valutato e alla paura di non essere adeguato.
Per questi motivi – ma se ne potrebbero aggiungere anche altri – andrei cauto con iniziative di questo genere, benché indubbiamente avrebbero anche degli utili risvolti pratici.
Passo ora all’ultima domanda.
Come per tutte le capacità umane, una componente genetica è essenziale affinché ci sia una predisposizione a svilupparla. Ciò non toglie che anche i fattori ambientali abbiano un peso per lo sviluppo delle abilità.
LUGLIO 2020 - Ho un bambino di otto anni che è stato diagnosticato ADHD con FIL, ma nessuno mi spiega cosa significa, lui è bravissimo in tutte le materie ma fa un po’ fatica a parlare perché si perde in mille spezzoni di pensiero e non segue un filo conduttore. Io sono preoccupata perché da un po’ di tempo quando è concentrato fa dei movimenti strani con le braccia e penso che ci sia qualcosa di più di quello che mi hanno detto. In pagella ha avuto tutti dieci e ho chiesto alle maestre come fosse possibile, mi hanno risposto che ogni bambino ha una valutazione personalizzata, e non mi hanno detto altro, così non capisco niente. Con il lockdown non ho potuto raggiungere chi gli ha fatto la diagnosi perché al telefono mi dice che ne dobbiamo parlare a voce e allora mi sono cominciata a documentare su tanti gruppi su internet. Ho capito che se uno ha un FIL non è che poi può riuscire ad avere tutti 10. Una mamma mi ha detto che secondo lei il bambino è plusdotato e che hanno sbagliato la diagnosi. Sono preoccupatissima e le chiedo se una cosa del genere è possibile. E’ facile sbagliare diagnosi al punto di ritenere che un bambino con plusdotazione abbia una capacità cognitiva limitata?
Ora vado un po’ più nel dettaglio. I test di performance (come quelli intellettivi) ci dicono che un individuo ha almeno le capacità che dimostra nel frangente in cui vengono somministrati; di sicuro non inferiori. Possiamo immaginarlo come un test di velocità. Se un individuo raggiunge una velocità di 30 km/h significa che di sicuro è in grado di muoversi più velocemente di 28 km/h ma non sono in grado di dire se sarà più rapido anche di 30 km/h se non lo dimostra in un altro test di velocità (magari nel primo test era stanco o fuori forma).
È possibile che un bambino renda molto meno rispetto alle sue potenzialità durante l’esecuzione di un test (magari perché molto stanco, demotivato o oppositivo)? Certamente.
Qui però entra in gioco anche la bravura del professionista. L’intelligenza non è soltanto quella registrata quantitativamente durante un test ma anche ciò che si può osservare qualitativamente durante un’interazione, un gioco, un’attività didattica, un test cognitivo (al di là del mero punteggio). Solitamente un buon professionista si rende conto se c’è una discrepanza fra le capacità del bambino e quello che dimostra durante l’esecuzione del test e in tal caso va molto cauto nel porre diagnosi.
Queste, ovviamente, sono considerazioni di carattere generale e non riguardano in maniera specifica il suo caso, che non conosco e sul quale non posso pronunciarmi.
LUGLIO 2020 - Gentile dottore, ho un ragazzo di 12 anni che ha tutte le caratteristiche che leggo da un po’ di tempo a questa parte sui ragazzi plusdotati, è molto sensibile, si interessa di argomenti strani, è molto preso dalla cosmologia e passa il suo tempo libero a studiare queste cose. A scuola è normale, si annoia ma io penso che molti si annoiano, non sta troppo con gli amici perché dice che sono stupidi e sta sempre su quei libri. Per me non c’era niente di strano o forse un po’ si ma non siamo tutti strani per gli altri? Adesso che sto leggendo tante cose mi sento di sbagliare perché forse dovrei vedere più chiaro nella testa di mio figlio per avviarlo a percorsi più adatti a lui se risultasse che è plusdotato? Gli faccio del male a non fare niente?
Penso che la domanda più opportuna sia questa: suo figlio sta bene? Se la sua impressione (o quella di chi lo segue per molte ore al giorno, come gli insegnanti) fosse negativa allora mi porrei il problema di farlo valutare da uno specialista.
Sia chiaro, non parlo di andare a caccia della plusdotazione (se c’è, si vedrà) ma di capire il problema e cercare le più opportune modalità per affrontarlo, di qualunque cosa si tratti.
GIUGNO 2020 - Esistono dati sull’abbandono scolastico dei gifted? Ho trovato uno studio del 2000 che parla di 63%, ci sono studi più recenti?
È piuttosto difficile avere dati sull’abbandono scolastico in Italia negli APC poiché soltanto a un’esigua minoranza di studenti viene rilevato il QI (e, tranne in casi particolari, il dato resta di conoscenza soltanto della famiglia).
Bisogna inoltre tenere conto che, nella maggior parte dei casi, una valutazione diagnostica viene effettuata quando si manifestano difficoltà e, così facendo, le statistiche sugli APC non terranno conto di quella quota di persone con QI molto elevato che non manifestano alcuna difficoltà rilevante.
GIUGNO 2020 - Sarei interessata a comprendere la doppia eccezionalità come individuarla e le caratteristiche.
Se avessimo un modo per identificare i bambini con APC e/o con DSA senza il bisogno di una diagnosi… non avremmo bisogno di una diagnosi.
Il problema è proprio questo: non ci sono indicatori inequivocabili di queste caratteristiche ma è necessario passare per un’apposita valutazione. Ciò non toglie che ci siano indicatori qualitativi che ci fanno sospettare della presenza di APC e/o DSA.
Riguardo all’APC, chi ha più probabilità di accorgersene è di solito un genitore che abbia figli più grandi o un insegnante/educatore poiché per lavoro vede abitualmente molti bambini. È probabile che si noti un bambino capace di apprendere più facilmente rispetto ai coetanei, molto curioso, che acquisisce competenze in maniera inaspettata rispetto a quanto si ritiene di avergli insegnato, che talvolta acquisisce tappe di sviluppo più rapidamente delle attese (linguaggio ampio e articolato rispetto all’età, precoce comprensione di numeri e quantità…), che accumula velocemente una grande quantità di conoscenze rispetto agli argomenti che trova interessanti.
In alcuni casi si parla di bambini interessati a interagire più con gli adulti che con i pari età, con avversione alle routine e tendenza a isolarsi. Queste però sono caratteristiche molto aspecifiche e in realtà possono facilmente presentarsi in diverse condizioni differenti dall’APC.
Riguardo al DSA, anche in questo caso chi ha più probabilità di accorgersene è di solito un genitore che abbia figli più grandi o un insegnante poiché per lavoro vede abitualmente molti bambini. Gli indicatori di un possibile DSA sono molti e variano in base all’età (li abbiamo raccolti qui ); neanche in questo caso sono sufficienti per avere la sicurezza di essere in presenza di un DSA ma possono essere utili per richiedere un approfondimento diagnostico. Alcuni di questi sono i seguenti: difficoltà di tipo linguistico (soprattutto in età prescolare), di memoria e apprendimento , difficoltà a esprimersi in maniera articolata , nell’ apprendere la lettura e la scrittura , nell’ automatizzare le tabelline , nel reperire vocaboli che conosce (lento nel trovare le parole), nell’ apprendere gli algoritmi di calcolo , difficoltà a orientarsi, nell’ apprendere il calendario e la lettura dell’orologio , nel distinguere la destra dalla sinistra.
La compresenza di APC e DSA (doppia eccezionalità) rende il quadro più difficile da comprendere per diversi motivi, questi sono i principali:
1. Gli insegnanti possono faticare a identificare un APC+DSA poiché, notando la discrepanza fra la sua alta capacità di comprendere e il basso rendimento scolastico, possono interpretare quest’ultimo come la conseguenza di scarso impegno (anziché di un vero e proprio deficit di apprendimento).
2. I professionisti possono avere maggiori difficoltà a identificare APC+DSA poiché un alto livello intellettivo favorisce la compensazione dei deficit negli apprendimenti. Questi ultimi saranno comunque inferiori alle reali capacità del bambino/ragazzo ma è possibile che raggiungano comunque livelli mediamente accettabili “mascherando” il DSA.
GIUGNO 2020 - Mio figlio di otto anni a scuola è molto bravo, non ha problemi relazionali o altro ma io noto che fa i compiti e studia senza la minima organizzazione. Mi chiedo se devo insistere perché faccia un planning dei lavori da fare o comunque individui un metodo di studio o lo lascio fare come gli viene?
Forse il concetto di favorire la capacità e l’abitudine a pianificare i compiti da svolgere è più opportuno. Non è questa la sede in cui entrare nel dettaglio di come fare ma, in generale, è un obiettivo a cui tendere poiché andando avanti nel percorso scolastico/accademico il carico di studio si fa progressivamente più gravoso e una buona organizzazione può aiutare ad approcciare gli impegni in maniera più favorevole e diminuendo la frustrazione che ne può derivare (riducendo quindi la sensazione di non farcela).
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Sono uno psicologo – psicoterapeuta specialista in neuropsicologia.
Da sempre con la passione per la neuropsicologia, mi occupo attualmente di valutazioni cognitive e percorsi di potenziamento, riabilitazione e stimolazione cognitiva. In particolare il mio lavoro si incentra sull’età evolutiva (per esempio, disturbi specifici dell’apprendimento e ADHD) e sull’età adulta e senile (principalmente disturbi specifici dell’apprendimento, decadimento cognitivo e problematiche neuropsicologiche inerenti alla sclerosi multipla).
Attualmente lavoro in libera professione nel mio studio TrainingCognitivo e sono borsista presso l’UOSI Riabilitazione Sclerosi Multipla dell’Ospedale Bellaria di Bologna.
Mi diletto inoltre a scrivere articoli divulgativi di ambito neuropsicologico.
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