La storia di Eke
Oggi vi raccontiamo di E. una ragazza di quinta superiore di una città del nord Italia, No, che diciamo? Una bellissima città del nord Italia 😊.
Un giorno di febbraio ci telefona una mamma, ci dice che ha avuto il nostro nome da tale signora che ci ha conosciuti durante una formazione e alla quale abbiamo dato alcune illuminanti risposte.
Caspita, questa cosa ci piace assai, sorridiamo mentre l’ascoltiamo ma il sorriso si affievolirà un pò nel corso della telefonata, quella prima telefonata che sarà seguita da decine di altre.
Quella telefonata ci butta ancora una volta in un mondo dove le parole di qualcuno sono solo parole. Dove le leggi si prendono si rigirano e si piegano ai desideri, alle ambizioni personali, alle personali visioni del mondo di dirigenti e personale scolastico. Quel mondo dove le vite delle persone, dei ragazzi vengono strapazzate e distrutte da una allegra, incosciente, superficiale, ottusa gestione della cosa pubblica da parte “servitori” che si sentono “padroni”.
E. è una ragazza con grossi problemi alimentari che viene ricoverata per almeno 20 settimane in una struttura nella quale trovare la pace e la serenità, la forza e la volontà di riprendersi una vita distrutta da un evento che si dovrà ricostruire e con il quale si dovrà fare pace. La sua mamma, una signora dolcissima, che ama sua figlia in modo totale, ci racconta di aver fatto richiesta alla scuola, durante gli imminenti esami di Stato, E. possa usufruire di strumenti compensativi che le darebbero sicurezza.
In realtà non c’è assolutamente nulla che vieta questo accomodamento: la patologia della ragazza è seria, quello che chiede è talmente banale che siamo molto stupiti da quello che veniamo a sapere:
alla sua correttissima richiesta formale Dirigente e il suo staff hanno risposto che:
alla luce della normativa solo i ragazzi con DSA possono avere all’esame gli strumenti compensativi!
Siccome sappiamo benissimo che ciò non corrisponde al vero, fin dal 2012 almeno (12 anni) anche i ragazzi con fragilità di qualunque tipo possono usufruirne, dato che la fragilità della nostra E. è una di quelle fragilità che fanno stare davvero male lei, la sua famiglia, i suoi amici e anche noi, che tifiamo affinchè ce la faccia a superarla e che crediamo che tutta la società, che peraltro le ha fatto del male, debba aiutarla, abbiamo cominciato prima internamente alla scuola poi su fino a Roma e ritorno, a chiedere che fossero semplicemente applicate le leggi.
Siamo così arrivati al giorno dell’esame: noi sapevamo ma per scaramanzia non avevamo dato la certezza alla ragazza. Ha avuto il suo esame con gli strumenti necessari, accompagnata dal nostro affetto, dall’incoraggiamento dei tanti docenti e di un commissario di esame appositamente istruito dall’ufficio scolastico. Ed è risultata vincente. Lei, la piccola E. in lotta contro il mondo ora sa che da qualche parte, forse a Bologna, ci sono persone che credono che con il diritto non si scherzi ma che soprattutto credono nelle persone e nella loro umanità.
Si, a Bologna ci siamo noi, e siamo pronti per un nuovo esame.